Perché la matematica ti fa schifo? Ho rivolto questa domanda a decine (se non centinaia) di persone, sia studenti che adulti. Le prime volte quasi per scherzo e in maniera provocatoria, poi però sentendomi sempre più coinvolto dalle risposte che ricevevo che, nella loro disarmante semplicità, coglievano aspetti evidenti della matematica (e soprattutto del suo insegnamento). Aspetti che difficilmente è disposto a prendere in considerazione chi, come me, ha dedicato buona parte della vita a studiare questa materia. Non per cattiveria o miopia intellettuale, ma per quel meccanismo molto umano in virtù del quale ognuno si sente a proprio agio in una particolare visione del mondo e tende a confondere i propri punti di vista con l’oggettività. Di conseguenza, quelli che si trovano su posizioni diverse sono necessariamente colpevoli o, nel migliore dei casi, incomprensibili. Nello specifico, è naturale per un professore di matematica biasimare gli studenti che detestano la sua materia e si rifiutano di dedicarle tempo ed energia. Eppure, dal punto di vista di quegli stessi studenti, chi è da biasimare sono i professori e, più in generale, il sistema scolastico nel suo complesso. Insomma, non è difficile farsi un’idea dei motivi di quella barriera di rifiuto che spesso si avverte nelle classi; basta chiedere ed essere disposti ad ascoltare. Così ho chiesto. La stessa domanda a tante persone, e ogni risposta gettava luce su aspetti che magari non avevo mai preso abbastanza in considerazione. Di fatto, nessuna delle risposte era banale. Non solo insegnanti severi o compiti difficili, ma anche considerazioni più sottili che scendono nel profondo dei processi di costruzione della conoscenza. È stato come imparare aspetti importanti della matematica da chi la matematica non la sa e non la sopporta. Ad ogni modo, il filo di quelle riflessioni mi ha portato molto lontano e, alla fine, è nata l’idea di questo libro.
Che la matematica rappresenti uno scoglio quasi insormontabile per moltissime persone ma che al tempo stesso sia una materia di grande valore formativo, sono due fatti comunemente accettati. Per questo motivo le difficoltà che gli studenti italiani incontrano in matematica vengono considerate uno dei punti critici del nostro sistema dell’istruzione (ma lo stesso problema ce l’hanno anche altri paesi, se può consolare). Tuttavia non è sugli aspetti strutturali che mi sono concentrato; questo libro non vuole essere una raccolta di ricette di politica scolastica, tanto sagge quanto utopistiche. Non è neanche un manuale pratico per suggerire agli insegnanti come rendere più accattivanti le loro lezioni e neppure uno di quei libri rivolti al grande pubblico, con tanti esempi, aneddoti e problemi simpatici, che hanno lo scopo di mostrare che questa materia può anche essere divertente (anche se queste cose ogni tanto affioreranno tra una riga e l’altra). Piuttosto, queste pagine contengono soprattutto una riflessione sul processo di costruzione della conoscenza, sui modi della sua trasmissione, sui fattori che favoriscono e su quelli che ostacolano tale processo.
Ora, ammetto che un termine come costruzione della conoscenza possa evocare immagini preoccupanti, roba astratta e accademica, tipo trattato di filosofia. In realtà, quando si parla di conoscenza, abbiamo sì a che fare con uno dei concetti fondamentali che hanno attraversato tutta la storia del pensiero occidentale, ma anche con qualcosa che permea ogni aspetto della nostra vita. In ogni momento, anche quando non ce ne rendiamo conto, costantemente formiamo conoscenze nuove e sfruttiamo quelle che possediamo già. Dall’alba al tramonto la nostra giornata è tutta un susseguirsi di piccole e grandi decisioni, e ogni volta che operiamo una scelta facciamo riferimento a modelli della realtà a loro volta basati su elementi di conoscenza. In tutto ciò il pensiero matematico gioca un ruolo importante, come quando si deve valutare un rischio, o stimare l’entità di un effetto, o dedurre le conseguenze di un certo fatto. Sì, può darsi che questa sia filosofia, ma non quella che si dedica a questioni astratte e distanti usando un linguaggio quasi incomprensibile, piuttosto quel tipo di filosofia che, secondo la concezione di Socrate o Marco Aurelio, dovrebbe essere uno strumento per aiutare l’uomo a capire il mondo e se stesso e quindi, molto concretamente, a vivere meglio.
Avere competenze efficaci e una buona base di conoscenza in matematica è un diritto universale, che spesso viene negato dalla scuola. Tuttavia, ognuno ha la piena facoltà di rimediare alle carenze di un sistema inadeguato; bisogna però riuscire a vedere la profonda significatività della matematica e convincersi del fatto che a nessuno è preclusa questa materia, si tratta solo di trovare la giusta motivazione. Questo è forse il messaggio che maggiormente mi sta a cuore, perciò vorrei che questo libro fosse per tutti, ma proprio tutti. Per gli amministratori e quanti hanno responsabilità di indirizzo nel sistema scolastico, per gli insegnanti, per i genitori, per gli studenti e per quelli che studenti magari non lo sono più già da qualche tempo, ma ogni tanto ripensano perplessi a quella strana esperienza che erano le ore di matematica: ansia e noia ma anche il sospetto che quelle cose potessero essere davvero importanti.
Le pagine che seguono raccolgono il frutto di anni di osservazioni quotidiane in classe sui modi in cui gli studenti si relazionano con la materia, con l’insegnante, con i compagni. Seguire con curiosità e senza idee preconcette i processi di apprendimento degli studenti è una esperienza meravigliosa. È come stare in un laboratorio in cui ogni giorno si scopre qualcosa di nuovo e ci si vede costretti ad abbandonare convinzioni che si credevano certe. In effetti – a dispetto dell’eccessiva burocrazia, degli stipendi bassi, dell’inadeguatezza delle strutture – quella dell’insegnante è una splendida professione proprio per questo carattere di avventura e continua scoperta. Senza di esso, rimane solo l’ansia per gli adempimenti burocratici, la frustrazione della comunicazione difficile con un’altra generazione, la noia di riproporre anno dopo anno sempre i soliti argomenti.